Lontani da Copenhagen

Copenhagen è una delle città europee in cui la scelta della bicicletta è ormai un investimento collettivo. Esiste ormai un verbo ‘Copenhagenize‘ in inglese che indica un uso estensivo della bici che si traduce in infrastrutture, servizi per la mobilità su due ruote e in incentivi ad usare le due ruote sempre e comunque in alternativa oppure in combinazione con altri mezzi di trasporto. E’ stato definito anche un indice statistico che permette di definire un ranking tra città più vicine o più lontane al modello di Copenhagen, dal quale sappiamo ad esempio che Amsterdam, Parigi, Kyoto, Londra, San Francisco, etc. sono città che hanno dato una svolta decisa verso le biciclette, confermando una loro trasformazione in senso green. Questa tendenza sembra seguire lo spirito del tempo che in ossequio alla nuova sensibilità culturale suggerisce di abbandonare le energie fossili e di privilegiare nel trasporto forme energetiche e relativi mezzi che permettano di ristabilire una nuova relazione con il mondo, nel quale i nostri bisogni di mobilità siano sostenibili. La bici, in questo senso, sembra offrire una nuova prospettiva.

Ci si aspetterebbe, naturalmente, che vi siano politiche nella stessa direzione. Siamo, infatti, in una fase in cui bisogna cambiare il modello di sviluppo, ripristinando forme di relazione tra natura e cultura che non conducano a quei disastri ecologici, che accadono, ma di cui non riusciamo ad evitare che accadono. Il ‘principio di responsabilità‘ dovrebbe, infatti, indurci a modificare i nostri modelli d’azione, in modo da scongiurare che possano verificarsi di nuovo, magari con una intensità maggiore. La nozione di Antropocene indica, infatti, che siamo in un tempo geologico in cui siamo noi umani il maggiore fattore di trasformazione della Terra. Non esiste più una natura ‘incontaminata’. L’abbiamo modificata in modo irreversibile: in alcuni casi, in modo positivo, in altri, in modo negativo, come dimostra il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Ai negazionisti, sempre in agguato, va detto che già nel Permiano, quando gli uomini non esistevano ancora, 250 milioni di anni fa, le specie animali si stavano estinguendo, ma allora, in quel tempo remoto, sembra che l’aumento delle temperature fosse dovuto ai vulcani, o alle dinamiche di quel mondo. Nel nostro caso, invece, è difficile sostenere che questi cambiamenti non siano dovuti all’impronta delle attività umane sulla Terra.

Cosa possiamo dire delle politiche del nostro Paese: favoriscono oppure no l’uso della bici, nel contesto urbano ed extraurbano? La risposta a questa domanda è negativa, a mio avviso, o almeno, è fortemente contraddittoria. Lo scenario delle iniziative vede, da un lato, un protagonismo delle città e dei singoli attori locali, ma una mancanza di indirizzo nelle politiche nazionali. Di recente, pertanto, stride il fatto che in una città come Bari si incentivi l’uso della bici per andare a lavorare, ma che nella legge di bilancio vi sia un disinvestimento verso ciclabili e bici e che si promuove l’uso delle auto elettriche nelle ZTL. La policy del Comune di Bari prevede i buoni mobilità: 20 centesimi di euro per ogni chilometro fatto nel tragitto casa-lavoro e 4 centesimi per altri percorsi cittadini, ai quali si aggiungono incentivi per l’acquisto di bici o di bici assistite. Lo scopo è favorire l’uso della bicicletta e abbandonare l’automobile, attraverso un incentivo monetario che potrebbe portare sul proprio conto corrente fino a 25 euro al mese, secondo analoghe esperienze francesi che vengono così replicate, paradossalmente, con il concorso del nostro Ministero dell’Ambiente. Ci si potrebbe aspettare, dunque, una generalizzazione nazionale dell’iniziativa, o almeno segnali nella medesima direzione. La legge di bilancio, invece, è deludente. Ai 300 milioni di euro per l’acquisto di nuove automobili (elettriche) corrispondono solo due milioni di euro per realizzare una cinquantina di km di “autostrade ciclabili” in tutta Italia. Con un codicillo, inoltre, si stabilisce che le automobili elettriche e ibride possano entrare nelle aree pedonali e nelle ZTL. Incredibile ! Vietano, a volte, l’ingresso alle bici nelle ZTL e pedonale, come è giusto in molti casi, ma permettono che i nostri centri urbani possano essere di nuovo attraversati e occupati dalle auto ! Si potrebbe dire che l’auto ce l’abbiamo nella ‘testa’ ! Ciò, naturalmente, ha scatenato la protesta delle associazioni per la mobilità sostenibile e anche dei Comuni, in particolare di quelli di Milano e di Bologna, che hanno chiesto un emendamento della Legge di Bilancio.

Non sappiamo quello che accadrà e speriamo che modifichino l’articolo, soprattutto per scongiurare una nuova invasione delle auto nelle nostre città, ma la vicenda è, secondo me, indicativa di quanto siamo lontani da Copenhagen. Non solo in termini geografici, ma soprattutto dal punto di vista della prospettiva. Non si è davvero compreso come sia necessario cambiare rotta, reinventando la mobilità urbana ed extraurbana in modo intermodale e favorendo la compresenza di mezzi trasporto ‘green’ che migliorino complessivamente la qualità della vita. Si tratta, infatti, di essere meno autocentrici, insomma, e più rispettosi del pluralismo dei mezzi di trasporto, ridefinendo, come nel caso di Bari, i meccanismi di incentivazione verso quelli che sono più ecologici.

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